Cosa è l’Ozono
In chimica si dice che è una forma allotropica dell’ossigeno, essendo composto da 3 molecole di ossigeno, anziché da 2.
In natura l’Ozono si genera nella troposfera durante i temporali per effetto si scariche elettriche sull’ossigeno.
È presente nella stratosfera dove scherma le radiazioni ultraviolette, e per tale motivo risulta indispensabile alla vita sulla terra.
Si trova anche in tutti gli esseri viventi dove è prodotto dai globuli bianchi o neutrofili, come nella figura in basso dove potete vedere la rappresentazione schematica dei processi che conducono in vivo alla formazione di O3 da parte dei neutrofili attivati:
Babior BM, Takeuchi C, Ruedi J, Gutierrez A, Wentworth P, Jr. Investigating antibody-catalyzed ozone generation by human neutrophils. Proc Natl Acad Sci U S A. 2003 Mar 18;100(6):3031-4.
Babior BM, Takeuchi C, Ruedi J, Gutierrez A, Wentworth P, Jr. Investigating antibody-catalyzed ozone generation by human neutrophils. Proc Natl Acad Sci U S A. 2003 Mar 18;100(6):3031-4.
Babior BM, Takeuchi C, Ruedi J, Gutierrez A, Wentworth P, Jr. Investigating antibody-catalyzed ozone generation by human neutrophils. Proc Natl Acad Sci U S A. 2003 Mar 18;100(6):3031-4.
L’Ozonoterapia
Quando somministriamo l’ozono per uso medicale, in realtà somministriamo sempre una miscela di Ossigeno e Ozono in percentuali e concentrazioni prestabilite, miscela appositamente prodotta dalla macchina generatrice di Ozono.
La macchina funziona pressappoco in tal modo: immette l’Ossigeno in un condotto attraversato da una corrente elettrica ad altissimo voltaggio, e tale scarica elettrica produce l’Ozono; quindi mescola insieme l’O2 e l’O3 nella percentuale da noi predeterminata (in genere da 4 a 30 G), miscela che può essere infine prelevata con una siringa nelle quantità volute da una valvola di uscita.
Il termine esatto della metodica è, infatti, OZONOTERAPIA.
Per pura comodità e brevità nel corso di questa trattazione abbrevieremo tale definizione con il termine “O3”.
Meccanismo d’azione dell’ozono
Se una cellula del nostro organismo viene sottoposta ad uno stress ossidativo transitorio, questo genera una stimolazione delle difese organiche che induce la produzione nel nucleo cellulare di proteine utili a contrastarlo.
L’Ozono sfrutta in maniera controllata tale risposta antiossidativa, cui consegue un’azione terapeutica antiinfiammatoria.
Pertanto l’Ozono, alla concentrazione utilizzata (inferiore a 40 g), essendo neutralizzato dai sistemi antiossidanti del nostro organismo, NON È TOSSICO!
Questo perché nel plasma vi sono antiossidanti naturali (albumina, proteine, glutatione, vitamine E, C) che neutralizzano totalmente lo stress ossidativo, che peraltro è di brevissima durata (2-3 minuti).
L’ozono ha una efficace azione antibatterica ed antifungina in quanto è in grado di romperne le membrane delle cellule ossidandole e causandone la morte. È virostatico, cioè inattiva i ricettori utilizzati dal virus per legarsi alla cellula da invadere, rendendoli inefficaci.
L’Ozonoterapia permette di migliorare i sistemi di difesa del nostro organismo contro l’azione dei radicali liberi che causano l’invecchiamento cellulare. Migliora la micro-circolazione favorendo la diffusione di ossigeno nel plasma, producendo un’azione antinfiammatoria, analgesica, battericida e infine immunomodulante cioè capace di rafforzare la risposta immunitaria.
L’O3 NON PUÒ PROVOCARE ALLERGIE poiché non è una molecola proteica; non è cancerogeno e non produce interazioni con altri farmaci.
Le uniche controindicazioni sono per soggetti colpiti da favismo (sindrome che provoca la dissoluzione dei globuli rossi) e nelle donne in gravidanza perché non se ne conoscono gli effetti sul feto.
DOVE OPERO CON OZONO TERAPIA:
– Parma – Studio Medico – Viale Mentana, 45 – tel. 324.6648080
– Parma – Casa di Cura “Città di Parma” centralino 0521249611
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L’attuale grave emergenza sanitaria sta dimostrando che, allo stato attuale delle conoscenze, non sono ancora stati identificati con certezza presidi farmacologici o terapeutici in genere in grado di invertire rapidamente e verso un esito favorevole la evoluzione della malattia CoViD 19 che, in alcuni casi, impone il ricovero in terapia intensiva e, in discreta percentuale, può condurre all’exitus.
Questa condizione di rischio e di assenza di soluzioni consolidate impone di sperimentare nuovi percorsi terapeutici che, sulla base di evidenze scientifiche, possano affiancarsi utilmente all’attuale uso compassionevole dei farmaci antivirali, anticoagulanti, antimalarici e immunosoppressori, ove impiegati.
In questo scenario è stata ipotizzata la possibilità che l’utilizzo dell’Ozonoterapia sistemica, mediante somministrazione endovenosa, con la metodica ormai ampiamente codificata possa fornire un giovamento ai pazienti ricoverati per CoViD 19.
Gli effetti biologici di questo gas sono stati ampiamente studiati e documentati in numerosi studi che ne comprovano l’efficacia in diversi condizioni morbose.
Sulla scorta di questi dati di efficacia, è stato condotto uno studio pilota ad Udine (Ospedale Misericordia) mentre uno studio multicentrico è in corso presso il Policlinico Umberto I di Roma, autorizzato dal Comitato Etico dell’Università “Sapienza”.
La Nuova FIO, sulla base delle consolidate evidenze scientifiche, ha elaborato il Protocollo idoneo di intervento e sperimentazione clinica messo a disposizione di tutte le Aziende ospedaliere che ne hanno fatto richiesta.
Ben 26 ospedali italiani e 3 esteri hanno chiesto di partecipare allo Studio; sei di questi sono stati affiancati alla Sperimentazione multicentrica già avviata presso il Policlinico Umberto I con l’approvazione del Comitato Etico dell’Università “Sapienza” di Roma.
I dati preliminari provenienti da questi studi, sia pure non pubblicati, appaiono promettenti.
La miscela di ossigeno-ozono ha mostrato di migliorare il trasporto dell’ossigeno, ma soprattutto, ha rivelato un potente potere antiedemigeno, antinfiammatorio e immunoregolatore.
L’uso terapeutico dell’Ozono prevede varie possibili metodiche di somministrazione: locale, sistemica endovenosa e rettale, infiltrativa.
Per i pazienti ricoverati per CoViD 19, verrà presa in esame solo la via sistemica endovenosa, che verrà messa in atto attraverso l’ozonizzazione di un quantitativo prestabilito di sangue, in sacche di plastica o di vetro (dispositivi medici certificati monouso) adatte all’utilizzo in questa procedura, e la successiva re-immissione nel circolo venoso del paziente.
Questa procedura non rientra tra le procedure trasfusionali in quanto il prelievo e la re-immissione in circolo avvengono utilizzando sempre lo stesso accesso venoso e senza distacco della sacca né durante il prelievo né durante la fase di reinfusione, la quantità raccolta non supera i 200 ml e non avviene stoccaggio del sangue.
Il razionale scientifico su cui poggia l’impiego dell’ozonoterapia sistemica endovenosa in corso di CoViD 19 si basa su tre azioni fondamentali della miscela:
- il migliore trasporto di ossigeno
- il riequilibrio dello stress ossidativo
- la immunomodulazione
Le premesse del razionale scientifico sono assolutamente buone e ci incoraggiano a percorrere questa bellissima e promettente strada che deve però essere sempre percorsa con le lenti della scienza e mai con quelle delle suggestioni fantascientifiche che tanto hanno fatto male a questa molecola, ancora troppo poco approfondita e conosciuta dai più.
LONG COVID
Uno studio scientifico su Lancet ha messo in evidenza che il 76% dei soggetti che hanno avuto il Covid-19 possono presentare, anche dopo 6-8 mesi dalla guarigione, sintomi debilitanti quali affaticamento, disturbi del sonno con apnea notturna, perdita della memoria, cefalea, difficoltà di concentrazione, ansietà e depressione, dolori al torace, ai muscoli e alle articolazioni, disturbi gastrointestinali e respiratori, alopecia, acufeni. Questo variegato quadro sintomatologico, diverso da persona a persona, dipende dai danni che il virus ha prodotto sul sistema immunitario, sull’endotelio dei vasi sanguigni e quindi nei diversi organi e apparati dell’organismo: in pratica potenzialmente in tutti!
Questa condizione post-virale, viene chiamata Sindrome Long Covid (anche Sindrome Post Covid).
Si è più volte detto che il Covid-19 non è paragonabile ad un’influenza perchè, a parte i dati di mortalità per fortuna ridotte dai vaccini, il Covid-19 ha una caratteristica che lo rende diverso: il Long Covid.
Con il termine Long Covid si intendono tutta una serie di sintomi e sequele (fisiche, neurologiche o della sfera cognitiva) che proseguono per almeno 1 mese dopo la fase acuta di Covid19. Esistono diverse definizioni ma il concetto è molto semplice: si tratta di sintomi che permangono o emergono dopo un’infezione da Sars-CoV2, e che possono perdurare anche per un anno e più. I sintomi riconducibili al Long Covid sono i più disparati e colpiscono qualunque organo e distretto: dispnea (fiato corto), affaticabilità, problemi di visione, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, vertigini; dolori toracici, dolori articolari e dolori muscolari diffusi, spesso di tipo anche urente, dolori addominali; perdita di olfatto e gusto, fatica, diarrea. Alcuni sintomi tipici del Long Covid sono comuni alla fase acuta di Covid19 ma altri sono completamente inediti ed emergono solo ad infezione terminata.
Secondo alcune stime più prudenziali, un paziente su 10 svilupperà una qualche forma di Long Covid e, considerando i numeri attuali del contagio, il numero di persone interessate è enorme. Oltretutto il Long Covid interessa anche la fascia pediatrica, nella quale sono per lo più assenti i dolori ma sono frequenti cefalea, affaticamento, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione.
Esistono diverse potenziali spiegazioni che provano a descrivere l’eziologia (la causa biologica) del Long Covid. Vengono chiamati in causa: un’eccessiva risposta infiammatoria nella fase acuta che può danneggiare alcuni organi, soprattutto per l’interessamento dell’endotelio (le cellule che rivestono internamente i vasi sanguigni); una deregolazione del sistema immunitario con la creazione di pericolosi autoanticorpi; la riattivazione da parte del Covid-19 di infezioni latenti come quella del virus di Epstein Barr (EBV); un danneggiamento importante del nostro microbiota (popolazione di microrganismi che popola il nostro apparato digerente) coinvolto nella risposta immunitaria.
Un recente articolo, pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell, prende in esame una coorte di 309 pazienti guariti dalla Covid19 e ne analizza diverse caratteristiche clinico/mediche comparandoli ad un gruppo di pazienti sani. L’obiettivo dello studio era quello di individuare dei fattori in grado di predire l’insorgenza di Long Covid post infezione da Sars-CoV2. I fattori individuati che possono portare ad un aumento del rischio di sviluppare sequele post-acute da Covid19 sono essenzialmente quattro: presenza di diabete di tipo 2, alta carica virale nelle prime fasi dell’infezione, presenza di autoanticorpi e riattivazione di virus latenti come Citomegalovirus (CMV) e EBV. Questi fattori e altri -come l’obesità – oltre a correlare fortemente con l’insorgenza del Long Covid, possono anche contribuire alla malattia stessa.*
Secondo un altro studio pubblicato da Gut e condotto da ricercatori della Chinese University di Hong Kong, la salute della microflora intestinale potrebbe contribuire al rischio di long COVID dopo infezione da SARS-CoV-2. Gli scienziati hanno analizzato il microbioma intestinale di 116 pazienti malati di COVID-19 a Hong Kong nel 2020, quando le normative vigenti richiedevano che ogni persona infetta venisse ricoverata. Più dell’80% presentava una malattia lieve o moderata e oltre il 75% aveva almeno un sintomo persistente. Dopo sei mesi, i sintomi più comuni erano astenia (riferita dal 31% dei soggetti), scarsa memoria (28%), perdita dei capelli (22%), ansia (21%) e disturbi del sonno. Le analisi dei campioni fecali ottenuti al momento del ricovero e nei successivi tre mesi hanno mostrato che i pazienti con long COVID “presentavano un microbioma meno variegato e abbondante”. “I pazienti che non hanno sviluppato il long COVID avevano un microbioma intestinale simile a quello dei soggetti che non hanno contratto il COVID-19”. La mancanza di specie “amichevoli” di Bifidobatteri che rafforzano l’immunità si associava fortemente a sintomi respiratori persistenti. Anche se lo studio non ha potuto provare che gli organismi intestinali sani prevengono il long COVID, i risultati indicano che potrebbe essere utile “mantenere un microbiota intestinale sano e bilanciato tramite alimentazione, mancata assunzione di antibiotici ove possibile, esercizio fisico e integrazione delle specie batteriche carenti, tra cui i Bifidobatteri”.**
FIBROCOVID
Recentemente, uno studio coordinato dalla struttura di Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, è stato pubblicato sulla rivista della Società Scientifica di Reumatologia Europea. Obiettivo della ricerca è stata la valutazione del potenziale ruolo del Covid19 come fattore predisponente allo sviluppo di fibromialgia, avendo i ricercatori constatato il crescente afflusso agli ambulatori di reumatologia di pazienti che, dopo aver contratto la malattia Covid19, lamentavano sintomi articolari tra cui dolore, gonfiore e rigidità.
Come noto, la fibromialgia (FMS) è una sindrome di origine reumatologico-neurologica piuttosto frequente nella popolazione e caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso unito a una miriade di altri sintomi come stanchezza cronica, dolore toracico e muscolare generalizzato, affaticamento, mancanza di respiro e disfunzione cognitiva. I meccanismi coinvolti influenzano più sistemi e includono infiammazione persistente, trombosi e autoimmunità, disturbi del sonno, disturbi dell’apparato gastroenterico o alterazioni della sfera cognitiva (memoria, concentrazione).
Sulla base di un’indagine condotta su oltre 600 persone con postumi a lungo termine di un’infezione sintomatica da Covid19 (long-Covid o post-Covid19 syndrome), è stato osservato per la prima volta al mondo che circa il 30% dei pazienti manifestava sintomi compatibili con la diagnosi di fibromialgia anche a distanza di sei mesi e oltre dalla guarigione dell’infezione acuta.
Un aspetto interessante è che tra i principali fattori di rischio per sviluppare questa sindrome, che è stata definita FibroCovid, vi sono in particolare il sesso maschile e l’obesità. Questa predilezione per il sesso maschile del Fibrocovid lo differenzia, almeno dal punto di vista epidemiologico, dalla Fibromialgia, che colpisce viceversa nel il 90% dei casi il sesso femminile. Questo dato, apparentemente sorprendente, in realtà concorda con l’accertata tendenza a sviluppare forme più severe di Covid19 nei soggetti di sesso maschile. Pertanto lo sviluppo di FibroCovid potrebbe essere legato a forme di Covid19 particolarmente severe che si riverberano sull’apparato muscoloscheletrico, sul sistema nervoso e su quello immunitario per molti mesi dopo la guarigione dell’infezione primaria, generando così la sintomatologia dolorosa. Lo studio conferma quello che i reumatologi di tutto il mondo stanno sperimentando quotidianamente nei loro ambulatori: un incremento importante del numero di casi di fibromialgia, patologia per la quale, purtroppo, esistono ancora poche opzioni terapeutiche. ***
In effetti si è stimato che nel 20% circa dei pazienti guariti dal Covid-19 e dal Long Covid, si sviluppa poi una Fibromialgia che purtroppo permane come malattia a sé stante. Le cure normalmente usate nella terapia della FMS (antidepressivi, cortisone, immunoterapia e Fans) sono scarsamente efficaci e hanno spesso molti effetti collaterali.
Viceversa l’Ozonoterapia si presenta priva di qualsiasi rischio ed effetto collaterale, e può dare un netto miglioramento alla qualità di vita dei pazienti fibromialgici e nei casi di Long Covid, in quanto la terapia sistemica (ozonoterapia sistemica) a livello sintomatologico dà spesso un miglioramento subitaneo della cenestesi, un miglioramento della qualità del sonno e agisce sullo stato ossidativo cronico che è alla base della FMS e del Long Covid. Inoltre, associando all’ozonoterapia sistemica anche la terapia infiltrativa dei trigger points e dei punti di infiammazione cronici (rachide cervicale, arti, torace, trocantere, etc) riusciamo a ridurre la contrattura dolorosa, spesso associata a senso di bruciore cutaneo, che rende penosa la giornata e la vita dei pazienti.
Peraltro l’ozonoterapia sistemica, agendo sulla immunità e regolarizzando i neurotrasmettitori cerebrali, dà un grosso beneficio su quello che è uno dei sintomi più invalidanti e spesso più misconosciuto della FMS, ossia la Sindrome da Fatica Cronica col suo corredo di astenia e deficit di concentrazione.
A differenza di altri paesi europei, in Italia non sono ancora state istituite cliniche finanziate dal governo per il Long Covid, sebbene alcuni ospedali abbiano ambulatori diurni per il follow-up dei pazienti che erano stati ricoverati in ospedale durante la fase acuta del covid-19.
Nel periodo dell’emergenza, in 26 ospedali italiani e 3 esteri, per i pazienti ricoverati per CoViD-19 è stata utilizzata, insieme ai farmaci e ai presidi respiratori, l’Ozonoterapia Sistemica endovena con notevole giovamento per i pazienti.
Anche i pazienti guariti dal virus ma affetti da LONG COVID possono giovarsi con buoni risultati dell’Ozonoterapia Sistemica. È una pratica medica sicura, validata scientificamente, che si basa sull’effetto antiinfiammatorio, antiossidante, antidolorifico, vasoprotettore, neuromodulatore e immunomodulatore dell’Ozono. Effettuata correttamente secondo le Linee Guida, risulta priva di rischi e di effetti collaterali. Molti pazienti con Long Covid hanno migliorato il loro stato di salute e sono tornati al precedente benessere psicofisico con l’aiuto dell’Ozonoterapia Sistemica.
* References: https://erj.ersjournals.com/content/early/2021/09/09/13993003.02245-2021
** Fonte: Gut Staff Reuters (Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
*** RMD Open: Rheumatic and Musculoskeletal Diseases
DOVE OPERO CON OZONO TERAPIA:
– Parma – Studio Medico – Viale Mentana, 45 – tel. 324.6648080
– Latina – Fisiosanisport – Via Priverno, 4 – tel. (+39) 0773621612 – (+39) 0773621624
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